I voli low cost non sono più sostenibili e per Orio il futuro si fa meno certo
Cancellazioni, scioperi e O'Leary, patron di Ryanair, che avverte che le tariffe saliranno. Lo scalo bergamasco per ora tiene, ma soffre
di Andrea Rossetti
I numeri dicono tanto, ma non tutto. Apparentemente, il settore aereo, dopo due anni vissuti in apnea a causa della pandemia e delle conseguenti limitazioni agli spostamenti, sta vivendo una nuova primavera: la domanda è tornata a salire in modo vertiginoso e le persone sono disposte a spendere qualcosina in più pur di concedersi un viaggio. A differenza di altri settori, però, quello aereo sta faticando a rialzarsi. Molte compagnie aeree e molti aeroporti, infatti, tra il 2020 e il 2021 hanno fatto consistenti tagli al personale per tentare di resistere e ora si trovano alle prese con una carenza di dipendenti che rischia di mettere in ginocchio l’intero sistema. Perché, in un mondo strettamente interconnesso, ritardi e cancellazioni che avvengono ad Amsterdam, o a Madrid, o a Londra hanno ripercussioni anche a Parigi, Berlino e Bergamo.
L’effetto farfalla
Al momento, l’aeroporto di Orio sta tenendo. Se giugno ha rappresentato il mese nero dell’aviazione turistica in molti scali europei (compreso Malpensa, dove sono stati migliaia i voli cancellati), qui le cose sono andate diversamente, con appena 88 cancellazioni e un traffico passeggeri ormai vicinissimo ai numeri pre-Covid (siamo al novanta per cento). Ma è impensabile che i problemi che stanno affrontando aeroporti come Gatwick, Heathrow, Amsterdam e Francoforte, così come compagnie aeree operanti soprattutto sui mercati spagnoli e francesi, non si riflettano anche a Bergamo.
Lo ha spiegato il presidente di Sacbo, Giovanni Sanga, in un’intervista a L’Eco di Bergamo: «Gli scioperi in Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Olanda e Spagna hanno riflessi in tutto il network europeo. Spesso ci troviamo a subire disagi che partono altrove». È il cosiddetto “effetto farfalla”.
Scioperi sempre più frequenti
L’impressione è che il mercato stia cambiando. La pandemia ha costretto le compagnie aeree a riadattarsi e tornare all’epoca pre-Covid appare complicato. Se non impossibile. Anche perché, nel frattempo, sono subentrati ulteriori problemi. In primis la crescita esponenziale dei prezzi di energia e carburante, ma anche le sempre più pressanti richieste del personale di maggiori tutele e diritti. Lo dimostrano i frequenti scioperi dei dipendenti delle compagnie low cost, oggi dominatrici del mercato aereo europeo. Solo a giugno ce ne sono stati due, uno l’8 e l’altro il 25 del mese. Per domenica 17 luglio ne è stato indetto un altro, di 24 ore, per piloti e assistenti di volo Ryanair, Malta Air e della società CrewLink. L’impressione è che non sarà l’ultimo di questa estate e per i viaggiatori si preannunciano mesi complicati (eufemismo), col rischio di ritardi e cancellazioni altissimo.
L’insostenibilità del low cost
Un quadro certo non ottimistico, nel quale si inseriscono anche le recenti dichiarazioni rilasciate dal numero uno, nonché fondatore, di Ryanair, Michael O’Leary, al Financial Times: «Tutto è diventato troppo economico. Trovo assurdo che quando volo a Stansted (Londra, ndr) il viaggio in treno fino al centro della città costi più del biglietto aereo con cui sono arrivato». (...)