Parlano i numeri

L'altra verità sulla stazione (che nessuno dice): lo spaccio e i senzatetto sono calati

Negli ultimi anni la situazione è migliorata, merito delle forze dell'ordine e di chi ogni giorno opera nel sociale. Tema a parte gli immigrati "clandestini"

L'altra verità sulla stazione (che nessuno dice): lo spaccio e i senzatetto sono calati
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di Andrea Rossetti

Nessuna ressa, nessuna coda. Ma alle 11 circa di una mattina qualsiasi della settimana, al Drop In gestito dalla Cooperativa di Bessimo posizionato alla stazione delle Autolinee, all’altezza della rotonda tra via Foro Boario e via Bono, il via vai è costante. Chi chiede un caffè, chi ha bisogno del bagno, chi di caricare il telefono, chi vuole una siringa. All’interno, cinque persone soddisfano le richieste, parlano con gli avventori, danno indicazioni, forniscono supporto. Questo è quello che fa il Drop In, ovvero una struttura pensata per dare un primo aiuto alle persone in difficoltà. A Bergamo c’è dall’ottobre 2020, finanziato da fondi europei, regionali e comunali. A fine anno scadrà il progetto, ma è probabile che continui. Occupa gli stessi spazi che, la sera, lasciano spazio al Posto Caldo, la “mensa” ideata da don Fausto Resmini. Una condivisione degli spazi fisica, ma anche ideale.

Le cose sono migliorate

Questa è una novità. Perché, negli anni, ci sono sempre stati diversi progetti di assistenza (di carattere laico o ecclesiale) verso i poveri e gli emarginati operanti nei dintorni della stazione di Bergamo, ma non c’era mai stata una vera e propria condivisione, una “ottimizzazione” dei servizi e delle competenze. Dal 2018 in avanti, invece, il Comune ha provato a cambiare direzione, a coordinare le varie realtà. E così, da quel momento, si è iniziato a fare squadra davvero: gli operatori dialogano tra loro, si scambiano informazioni, si aiutano. Questa modalità ha permesso di migliorare le cose.

Al di là delle polemiche politiche, delle comprensibili lamentele dei cittadini e dei fatti di cronaca, i numeri raccontano una situazione in miglioramento per quanto riguarda senza fissa dimora e consumo di droga. I report stilati dalla Cooperativa di Bessimo (che prima di aprire il Drop In era già presente nella zona con le sue unità mobili) raccontano come, due anni e mezzo fa, i senza fissa dimora che pernottavano nell'area delle Autolinee fossero, in media, trenta o quaranta; oggi se ne contano meno di dieci. Le siringhe usate raccolte in dodici mesi dagli operatori sono passate dall'essere più di duecentomila a circa sessantamila.

I fenomeni dello spaccio e del consumo di droga sono quelli calati maggiormente, conferma Marco Delvecchio, coordinatore del progetto Drop In, volto e anima della Cooperativa di Bessimo a Bergamo: «Fino al 2019 ci trovavamo ad avere a che fare con 130, 140 tossicodipendenti al giorno, che salivano anche a 170 nei fine settimana. Il giro d’affari dello spaccio legato alla zona era stato stimato in circa quindicimila, ventimila euro. Numeri pari a quelli del famigerato “Bosco di Rogoredo”. Oggi le cose sono oggettivamente migliorate. Questi fenomeni restano, ma sono ridotti. Permangono situazioni di tossicodipendenza cronica, di marginalità purtroppo difficili da cancellare del tutto, ma gestibili e nell’ordine di qualche decina».

Marginalità e immigrazione

Eppure sono state proprio le parole di Delvecchio, rilasciate al Corriere Bergamo non più di dieci giorni fa e riguardanti l’attività del Drop In, ad aver riacceso la polemica cittadina, favorendo anche la scelta del Comune di “dirottare” sul piazzale della stazione le Unità Mobili di quartiere, così da implementare ulteriormente l’attività di controllo dell’area. «Non voglio tornare sul tema - taglia corto Delvecchio -. Purtroppo quel che ho detto è stato travisato, o forse mi sono spiegato male io. Di certo, i numeri mostrano che la situazione non è peggiorata ma migliorata negli ultimi anni. E i numeri sono oggettivi».

Andando più a fondo, si capisce che il malinteso è legato alla presenza anche di molti immigrati nella zona. Negli anni, questi sono effettivamente aumentati, ma nulla centrano con tossicodipendenti e persone emarginate dalla società. «Vengono, prendono un caffè, tutt’al più caricano il cellulare e vanno in bagno, stop. Non necessitano di cure e supporti specifici come invece le persone che fanno uso di droghe o che vivono in condizioni di estrema povertà», spiega Delvecchio. In altre parole, è ovvio che vadano aiutati anche loro, ma in modo diverso. Spesso hanno più necessità burocratiche.

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