Occupazione dell'immobile a Celadina, gli attivisti: «Al Comune non dobbiamo alcun risarcimento»
Palazzo Frizzoni ha chiesto 15mila euro per danni materiali e morali, ma il comitato sostiene di aver fatto risparmiare soldi
Dopo il rinvio a giudizio per i cinque attivisti che avevano occupato le case di via Monte Grigna 11 a Bergamo e l'appello ai candidati sindaci, affinché si prendessero in carico il tema dell'emergenza abitativa, il "Comitato di lotta per la casa" è tornato a farsi sentire.
Rispetto infatti al Comune, che si è costituito parte civile (prima udienza il prossimo 19 giugno) chiedendo un risarcimento di 15mila euro, ha spiegato che, per la loro azione di riqualificazione dell'immobile e del terreno adiacente, non ritiene di dovergli nulla, anzi il lavoro e le spese che si sono dovute sostenere avrebbero già ripagato abbondantemente l'Amministrazione.
«Al Comune non dobbiamo niente»
«Con la nostra azione, paradossalmente, si è speso meno per le persone in fragilità abitativa - hanno ribadito i membri del Comitato -, quindi non dobbiamo nessun risarcimento al Comune». Intanto l’immobile, dopo che gli abitanti lo hanno lasciato nel 2020, in seguito a un'occupazione durata sei anni, è rimasto vuoto.
La situazione nell'immobile prima dell'occupazione
Tutto era cominciato nel 2014, quando un gruppo di attivisti aveva occupato la palazzina nel quartiere di Celadina. Si era andati avanti fino alla pandemia, sistemando e ripopolando gli spazi: nel corso del tempo, secondo quanto riportato dal Comitato, più di cinquanta persone, vittime dell’emergenza abitativa, lo hanno abitato. «L’intenzione era quella di aiutare chi non aveva una casa, supportandolo nella ricerca di un alloggio stabile. Nel corso degli anni un obiettivo politico è stato raggiunto: non solo l’immobile di via Monte Grigna 11, ma anche quello al civico 13 sono stati spostati dal piano delle alienazioni, che ne prevedeva la vendita».
Gli attivisti hanno ribadito che la loro è stata «un’azione sociale» e che dopo di loro «le case sono rimaste vuote e non certo perché le case popolari non sono necessarie, anzi: dopo la pandemia, sia nella nostra città che nella nostra provincia, trovare una casa è sempre più complicato». Inoltre, ritengono che la loro attività abbia risparmiato a Palazzo Frizzoni dei costi.
I lavori di "riqualificazione"
«Abbiamo già ripagato col nostro lavoro»
«Facciamo un calcolo: utilizzando come riferimento i dati del bilancio sociale di Caritas Bergamo del 2017 (anno in cui l'occupazione era in corso), stimiamo che per ogni singolo utente adulto accolto in una struttura di accoglienza il costo fosse di 12 euro a notte per la permanenza notturna. Per l'housing sociale, che spesso viene offerto come soluzione a famiglie con bambini in situazioni di fragilità abitativa, il costo di un appartamento era di circa 25mila euro all’anno. Bastano tre anni di occupazione per risparmiare 75mila euro per ogni famiglia accolta e 13mila euro per ogni singolo. In sei anni, in Via Monte Grigna siamo ben oltre la cifra totale a noi chiesta».
Gli spazi una volta sistemati
A proposito poi delle appena concluse amministrative, che hanno avuto come esito l'elezione a sindaca di Elena Carnevali, proprio a lei il gruppo ha chiesto una presa di posizione sul tema della casa e della presa di posizione contro di loro: «Come è possibile che da questa situazione il Comune abbia subito un danno materiale o addirittura morale?».