Alle Ghiaie il giorno dopo (come sempre a bassa voce)
Sono le 12.30 di questo tiepido giorno di un febbraio che sembra marzo. Qui alle Ghiaie di Bonate Sopra c’è silenzio, non si vede nessuno nei piccoli cortili di queste cascine, le stesse di cento anni fa. I ragazzi testimoni dei fatti di quel maggio del 1944 sono ormai vecchi, molti di loro sono morti. I figli e i nipoti sovente sono andati a vivere altrove. Un cartello indica che, oltre questo punto, con l’auto non si può andare e allora si cammina per strada, fino ai prati che circondano la cappella della Madonna. Ci sono diversi fedeli, anche se è un qualsiasi martedì, anche se è l’ora di pranzo. Sono fedeli che pregano in silenzio, in ginocchio, in piedi, seduti nei pochi banchi di questa cappelletta foderata di cuori per grazia ricevuta. Sulla cancellata sta appesa una copia del decreto del vescovo Francesco Beschi, pubblicato nei giorni scorsi. Coloro che si sono battuti per decenni affinché venisse riconosciuta la “sovrannaturalità” delle apparizioni del 1944 appaiono delusi dal decreto.
Il vescovo con il suo documento, scritto dopo la consultazione con la Santa Sede, prende una posizione sulla realtà delle Ghiaie di Bonate, ma non entra nel merito delle Apparizioni, non riapre il processo diocesano per definire nuovamente l’aspetto sovrannaturale di quanto accaduto. Gli studiosi, i sostenitori delle Ghiaie avrebbero voluto che il vescovo riaprisse il processo, che dicesse: sono passati settantacinque anni da quei fatti e tutti questi anni hanno confermato che qui si è verificato qualche cosa di straordinario, di speciale, vale la pena di riconsiderare tutto quanto, la storia, le testimonianze, gli atti processuali, le dichiarazioni della bambina Adelaide. Questo avrebbero voluto coloro che ogni giorno di confrontano con la realtà delle Ghiaie. Invece il vescovo non ha riaperto il caso. Però nel suo decreto afferma di volere «autorizzare, valorizzare, custodire e accompagnare il culto a “Maria Regina della Famiglia” presso la cappella parrocchiale in Ghiaie di Bonate». Sono parole forti, che se non riaprono la questione apparizioni, tuttavia dicono chiaramente che questo è un luogo speciale, un luogo da custodire, un luogo di fede. Per la prima volta, un vescovo riconosce apertamente e ufficialmente il valore di quest’area e di questo piccolo tempio.
Alberto Lombardoni è probabilmente il più assiduo degli studiosi sul fenomeno delle Ghiaie, dice: «Sì, è vero, mi aspettavo di più, mi aspettavo un’azione di maggiore coraggio da parte del vescovo. Anche perché io so che, un anno prima di morire, Adelaide incontrò il vescovo qui a Bonate Sopra e che parlò con lui. Quando uscì dalla chiesa, Adelaide disse che quello era stato il giorno più bello della sua vita. Io credo che il vescovo Beschi in effetti abbia una sua sensibilità particolare che gli ha fatto cogliere la forza della testimonianza di Adelaide». Adelaide Roncalli ebbe da bambina quelle visioni; divenne famosissima, in quella fine di maggio del 1944 furono centinaia di migliaia le persone che arrivarono in quel prato, da ogni parte d’Italia, di quella Italia misera, straziata dalla guerra. Arrivarono a piedi, in bicicletta, con i cavalli, i treni, i torpedoni. Ma né Adelaide, né alcuno dei suoi familiari, approfittò della cosa. Visse una vita ritirata, fece l’infermiera, si limitò a ripetere di avere avuto in effetti quella esperienza, ma che si rimetteva totalmente al giudizio della Chiesa. In piena obbedienza.
E anche oggi, sotto questo sole tiepido, ci sono fedeli che pregano. Ci sono Enzo e Laura che arrivano da Seregno. Spiegano: «È una devozione che abbiamo da una decina di anni, cerchiamo di venire qui tutti i mesi. Questo è un posto particolare, si respira un’aria di pace, di tranquillità. Questa semplicità che è rimasta, questa assenza di strutture, di grandi costruzioni mi fa sentire più vicino al mistero di quello che è accaduto qui, settantacinque anni fa. Venire qui ci dà sempre un senso di piacere, di accoglienza. Questo silenzio, questa piccola cappella, c’è un senso di...