Dalmine

Tesi negazioniste allo spettacolo. L'amministrazione condanna la "bugia"

Tesi negazioniste allo spettacolo. L'amministrazione condanna la "bugia"
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Il Comune di Dalmine è rimasto spiazzato dallo spettacolo organizzato venerdì scorso, 7 febbraio, al Teatro civico. Uno spettacolo anticipato da una prolusione dai contenuti definiti negazionisti. Quella che doveva essere una serata del ricordo dell’eccidio delle foibe, si è trasformata in un momento imbarazzante per l’intera amministrazione, che, a tutela dei propri cittadini, è intervenuta con un post di Facebook pubblicato sul sito del Comune. Era in programma uno spettacolo teatrale tratto dal libro di Fulvia Giusti, per celebrare il Giorno del Ricordo. È stata portata in scena una storia in forma di lettere mai spedite di un epistolario immaginato tra una donna degli anni ’20 e l’ultima discendente della sua famiglia, una giovane donna del 2000. L’evento è stato organizzato dal Comune di Dalmine, Arci, Anpi, Cgil, Associazione Il Porto e Acli.

La locandina dello spettacolo

Ecco il testo integrale dell’amministrazione comunale: «L'Amministrazione Comunale si dissocia nettamente dai contenuti della serata promossa ieri da Anpi, Arci, Cgil, Acli e Il Porto in occasione del Giorno del Ricordo. La collaborazione del Comune è stata concessa sulla scorta della garanzia (riportata sulla locandina dell'evento) che si sarebbe trattato di un evento senza strumentalizzazioni politiche, basato su dati storici. Al contrario, lo spettacolo in programma è stato introdotto da una prolusione storica di un'ora a cura di Grazia Milesi (prolusione peraltro non concordata, visto che era prevista unicamente una presentazione dello spettacolo). In sintesi, le sue conclusioni sono state le seguenti: gli infoibati e gli esuli Italiani giuliano-dalmati se la sono meritata perché erano tutti fascisti; - in realtà i numeri divulgati (11.000 infoibati e 250-300.000 esiliati) sono gonfiati; " gli esuli hanno scelto liberamente di andarsene dalle loro terre per cogliere un'opportunità nella Repubblica Italiana; il Giorno del Ricordo è stato istituito sulla base di bugie e come rivalsa nei confronti del Giorno della Memoria; il Presidente della Repubblica dovrebbe guardarsi bene dal fare discorsi come quello tenuto lo scorso anno sempre in occasione del Giorno del Ricordo". Tali tesi si configurano come negazioniste in quanto in piena contraddizione con i risultati della ricerca storica e in particolare con le conclusioni della Commissione congiunta italo-slovena, che nel 2001 concluse così la sua ricerca: "Tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l'impegno a eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo e allo stato italiano, assieme a un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime comunista, e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. L'impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l'animosità nazionale e ideologica diffusa nei quadri partigiani". Tale è lo spirito del Giorno del Ricordo, che quindi non può essere sovvertito affermando che esso sia basato su una bugia».

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