«Lascia il Pd e passa ad Azione»

La divertente e spietata corte (politica) di Carlo Calenda a Giorgio Gori

Ospiti nella nostra redazione, si sono confrontati. Il leader del nuovo partito al sindaco: «Fai testimonianza in un partito dove non conti una mazza perché hai paura di passare con me al tre per cento. Ma se ce l'hanno fatta Salvini e Meloni...»

La divertente e spietata corte (politica) di Carlo Calenda a Giorgio Gori
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di Andrea Rossetti (foto di Devid Rotasperti)

Il 15 luglio, l’ex ministro nonché fondatore di Azione, Carlo Calenda, ha fatto tappa a Bergamo. Ufficialmente, per presentare il suo libro I mostri (che è anche un po’ un manifesto politico), ufficiosamente per toccare uno dei territori che sta seguendo con maggior interesse la crescita del suo partito, soprattutto tra i giovani, come dimostrano i recenti passaggi al suo fianco del consigliere regionale Niccolò Carretta e dell’ex +Europa Nicola Ghisalberti. C’è però un bergamasco che, più di tutti, Calenda sogna di avere al suo fianco: il sindaco Giorgio Gori. Per questo abbiamo pensato di invitarli entrambi in redazione per un’intervista doppia. In realtà, hanno fatto tutto loro, dando vita a un divertente e animato dibattito su Pd, ambizioni personali, scelte di vita (politica) e futuro del Paese.

Calenda, abbiamo pensato di invitarla qui con Gori perché sappiamo che sogna il passaggio del sindaco in Azione...

Carlo Calenda (CC): «È vero. Perché lui ha questa idea romantica che il Pd sia riformabile. Forse riuscite a spiegarglielo voi che il Pd di Bettini e Franceschini con lui non c’entra niente».

Giorgio Gori (GG): «In realtà penso che sarebbe stato più facile riformare il Pd se Calenda ci fosse rimasto. Il suo addio ha indebolito la posizione dei riformisti nel partito. Al tempo stesso, però, credo che per cambiare le cose servano i grandi partiti, non solo quelli piccoli. Poi lui adesso dirà che anche uno piccolo poi può diventare grande...».

CC: «Be’, è quello che ha fatto Salvini!».

GG: «Sì, conosco il tuo repertorio.... Ma pensare di fare a meno del principale partito di centrosinistra perché lo si dà per perso equivale ad all’allontanare la possibilità di governare bene il Paese».

Però, sindaco, lei stesso ha criticato la leadership e l’alleanza col M5S.

CC: «E lo hanno fucilato! Anche a me dicevano di restare nel partito per esprimere le mie opinioni, poi appena uno ha detto la sua sulla linea inesistente di un segretario inesistente è stato preso a mazzate in fronte».

GG: «Penso ci siano tante persone che la pensano come me...».

CC: «Non fare il democristiano».

GG: «Non faccio il democristiano, lo sai. Penso che la posizione di accondiscendenza verso il M5S non sia maggioritaria nell’elettorato del Pd. Sono stato in un Pd che è andato oltre il 43 per cento, conosco il suo potenziale».

CC: «Io penso che il Pd abbia scelto di sottomettersi ai sovranisti e ai populisti, cosa che in nessun altro Paese d’Europa è stata fatta. E questo ha spinto via l’elettorato più moderato».

GG: «Lo sai che è un’idea che condivido. Ma è complicato, o forse meglio dire ambizioso, pensare che questo possa farlo una forza al tre per cento come Azione. Poi tu dirai: dove è scritto che mi devo fermare al 3 per cento? Quello che dico io è che per governare serve il 51 per cento, e Carlo lo sa. Perché è ambizioso ma non è matto».

CC: «E infatti faremo un’alleanza».

GG: «Sì, ma va “cucita”. Tu e il Pd adesso manco vi parlate! Nel Pd serve chi tenga accesa una luce e dialoghi con Calenda e non solo col M5S. L’errore che fa Carlo è quello di scambiare la cronaca per la storia. Lui contesta il Pd di oggi, ma non ci si può dimenticare da dove si arriva. Io non ho condiviso la sua scelta di passare all’opposizione quando ci siamo alleati col M5S. Io ero favorevole a un’alleanza tattica, lo sono ancora oggi. Il problema è un altro: la Lega, quando governava col M5S, aveva le stesse percentuali del Pd oggi, eppure tutti ricordano quel governo come il governo di Salvini. Oggi, invece, tutti pensano al governo attuale come a quello dei Cinque Stelle».

CC: «Io penso che con quella alleanza il Pd non abbia fatto una scelta tattica, ma storica. Ha rinunciato alla sua vocazione maggioritaria».

Sostanzialmente, è questo che vi differenzia.

GG: «Sì, ma lui prende quello che è successo negli ultimi undici mesi e lo trasforma in storia. Non è così».

CC: «Né io né Gori sappiamo se questo cambiamento sia temporaneo o permanente. Il dato di fatto è che il Pd sta accettando tutto ciò che aveva tacciato essere anti-democratico, come i decreti sicurezza. Se si pensa che l’alleanza col M5S sia stata giusta per contrastare Meloni e Salvini, che stanno dove erano allora, l’alleanza sarà valida anche alle prossime elezioni. Penso che questa polarizzazione tra buoni e cattivi, tra guelfi e ghibellini, mascheri solo il fatto che nessuno di chi è al governo oggi sa davvero governare. Uno Stato che non paga la cassa integrazione è uno Stato finito. Il tema è la gestione: nessuno gestisce nulla, ne ha l’esperienza per farlo. Non è che questione che siano bravi o cattivi, è che proprio non sanno quel che fanno. Serve una forza politica che torni ad aggregare...».

GG: «Però, stella mia, ‘sta cosa non la puoi fare al dieci per cento. Quindi devi sperare che ci sia un Pd in grado di riprendersi elettori».

CC: «Meloni e Salvini hanno preso partiti al due e tre per cento e li hanno portati al 15 e al 30. Se io pensassi che sia impossibile fare ciò che hanno fatto loro, allora cambierei professione. Purtroppo voi la pensate così... Comunque, tu stai nel Pd e fai bene a starci, ma prega il Signore che Azione arrivi al dieci per cento, altrimenti la tua vita sarà una continua mediazione con Crimi e Casalino». (...)

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