Hanno senso?

Le corsie ciclabili scatenano la guerra della strada tra ciclisti e automobilisti in città

I primi son convinti che siano una loro esclusiva (ma non è così). Critiche dell’Aci sulla sicurezza e proteste degli autisti dell'Atb. L’assessore Zenoni difende a spada tratta la scelta. La lettera di un lettore

Le corsie ciclabili scatenano la guerra della strada tra ciclisti e automobilisti in città
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di Paolo Aresi, foto di Devid Rotasperti

Prima di tutto: non chiamatele piste ciclabili, perché non lo sono. Chiamatele “corsie ciclabili”. Fanno parte della rivoluzione della mobilità cittadina, sono sbarcate a Bergamo più o meno insieme ai monopattini. E come i monopattini hanno sollevato contrasti.

Il fronte contrario alle nuove norme si allarga quando si parla della possibilità di trasformare tutta la città in “Zona 30” e di consentire alle bici di viaggiare contromano in alcune strade. La protesta viene da molti automobilisti, dall’Aci e pure da alcuni autisti dei pullman Atb. Il presidente dell’Aci, Valerio Bettoni, ha paventato scenari di grande pericolo. Ha detto che «Le corsie per bici e monopattini faranno crescere il numero di incidenti e alcuni di questi potrebbero essere mortali». Speriamo di no. Bettoni insiste sul pericolo che le corsie ciclabili, tracciate un po’ ovunque, creino confusione, che i ciclisti pensino che si tratti di piste ciclabili, percorribili nel doppio senso di marcia, provocando quindi situazioni pericolose. Anche perché questi spazi angusti darebbero un’idea di sicurezza ai ciclisti, ma del tutto illusoria. Insomma, Bettoni e altri paladini delle automobili dicono in parole povere: il ciclista si sente sicuro quindi magari sta meno attento, ma invece i pericoli sono tali e quali a prima. E magari l’automobilista distratto che ha parcheggiato ti apre comunque la portiera in faccia. E tanti saluti.

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Non appare come un ragionamento sbagliato: l’automobilista distratto o spericolato è un pericolo per gli altri (anche in presenza di corsie ciclabili). Il ciclista distratto è un pericolo per se stesso (pure sulle ciclabili, corsie o piste che siano). Tuttavia Bettoni aggiunge: «In ogni caso, la cosa più importante è riportare in maniera forte l’educazione civica nelle scuole, compresa l’educazione stradale. Soltanto facendo capire ai ragazzi che cosa è la strada, quali sono i buoni comportamenti, che cosa è la sicurezza, che domani avremo automobilisti, ciclisti, pedoni disciplinati, rispettosi verso gli altri».

L’idea delle corsie ciclabili agli amministratori di Bergamo è venuta in seguito al decreto Rilancio adottato dal governo, che comprende facilitazioni anche in materia viabilistica, quindi anche la possibilità di creare questi percorsi ciclabili promiscui. Se un’automobile supera la linea tratteggiata, in caso di necessità, e invade la corsia ciclabile, non sta commettendo un’infrazione. Cosa che invece accade se un’auto invade una pista ciclabile. Ma a fare rilevare un disagio sono anche i conducenti dei pullman. Una posizione è stata presa dalla Federazione italiana trasporti della Cisl di Bergamo che con le corsie ciclabili non appare tenera. Denuncia infatti: «Disagio e preoccupazione da parte degli autisti Atb, e non soltanto». E addirittura fa notare che queste corsie provocherebbero «danni economici al trasporto pubblico». Ma come? «Perché la corsa dell’autobus viene rallentata dalle biciclette». In realtà le biciclette sulla strada ci sarebbero state comunque, corsia o non corsia e quindi la faccenda del rallentamento non convince. Inoltre, quando serve, l’autobus può invadere la corsia ciclabile, come anche le vetture. Sembra che gli autisti abbiano denunciato un atteggiamento negativo da parte dei ciclisti che considererebbero “di loro proprietà” la corsia, dimenticando che non si tratta di una pista ciclabile. Si segnalano addirittura dei diverbi fra ciclisti a autisti, soprattutto nei punti in cui gli autobus per fermarsi devono “invadere” le corsie delle bici.

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LA LETTERA

Accosto per far scendere il papà disabile e la ciclista insorge: «La corsia è "mia"»

Caro direttore,

tu sai che sono un ciclista a trecentosessanta gradi, che uso la bicicletta per lavoro, per le spese, per andare in centro, per andare a trovare gli amici, per... tutto. In più mi alleno con la bici da corsa come ciclista amatore. Eppure sono anche un automobilista. E all’occasione anche motociclista, se proprio serve. Negli anni mi sono fatto l’idea che il mondo si divida più o meno così, in maniera trasversale: ottanta per cento persone corrette, dieci per cento “borderline” e dieci per cento teste di cavolo. Che siano ciclisti o automobilisti. La differenza sta nel mezzo che guidano: una farfalla da una parte, un elefante dall’altra. Un testa di cavolo in sella alla bicicletta ti farà innervosire, un suo gemello che guida l’automobile rischia di ammazzarti.

A me succede tutti i giorni che ci provino: di solito mi superano e subito dopo girano a destra tagliandomi la strada. Un altro sistema è quello delle precedenze e dei passi carrabili: quei musi che spuntano improvvisamente, che vanno oltre la linea bianca. Qualche volta sono caduto, altre volte ho tirato i freni. Me la sono sempre cavata.

Ma veniamo alle corsie ciclabili. Rappresentano una tutela, a mio avviso, per i ciclisti. Non sono piste ciclabili, l’automobilista, alla bisogna, può invaderle. Ma quelle linee tratteggiate fra un tombino e l’altro hanno un valore simbolico, dicono: “Attenzione, qui ci sono dei ciclisti, hanno diritto anche loro a stare sulla strada”.

Ma siccome in quel dieci per cento di teste di cavolo ci sono anche i ciclisti, ti racconto che cosa è successo a me, settimana scorsa in via San Giovanni, in veste di automobilista. Mi sono fermato davanti al portone dei miei genitori, proprio sulla corsia ciclabile, perché mio padre è disabile al cento per cento e dovevo riportarlo a casa. Sono sceso dall’auto, ho aperto il portellone ed estratto la sedia a rotelle. Mi sono accorto che accanto a me si è fermata una ciclista sui trent’anni, molto ben vestita e truccata, che mi ha guardato con una certa aria di sfida e con quella voce affettata mi ha detto: “Certo che questa sarebbe una pista ciclabile”.

Al momento, non riuscivo a crederci. Poi ho riordinato le idee, le ho risposto che non era una pista, ma una corsia ciclabile e che se voleva poteva comunque aiutarmi a mettere mio padre sulla sedia a rotelle. Mi ha guardato con un certo disprezzo e mi ha detto che doveva andare, che aveva fretta.

Ecco, insomma, penso che le corsie ciclabili siano una buona cosa, ma che i veri nemici siano l’arroganza e l’egocentrismo, sulle due o sulle quattro ruote, ti pare?

Angelo Bosio

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