Nove bergamaschi positivi alla variante inglese, due alla brasiliana: cambia il protocollo
Questi virus sono più contagiosi dell'originale e la dottoressa Antonioli di Ats Bergamo conferma: il Ministero ha reso più severe le norme di tracciamento e di isolamento per evitare focolai
Dopo la notizia di un primo caso di variante inglese individuato in una scuola superiore di Bergamo, senza che il ragazzo fosse stato in Regno Unito o avesse avuto contatti con persone di rientro da Oltremanica, la conferma arriva da un'intervista rilasciata a L'Eco di Bergamo dalla dottoressa Lucia Antonioli, direttore del Dipartimento di Igiene e Prevenzione sanitaria di Ats Bergamo: sono nove i casi bergamaschi positivi alla variante inglese individuati, di cui quattro che non hanno avuto contatti col Regno Unito.
I positivi stanno bene
Questo significa che, com'era prevedibile, questa variante del virus ha iniziato a circolare anche nella nostra provincia in maniera più insistente, diventando probabilmente "autoctona", ovvero sviluppandosi anche in persone che non hanno avuto contatti con il Paese in cui è stata per la prima volta individuata. La notizia positiva, però, è che nessuno dei positivi è grave: sono tutti o asintomatici o con pochi sintomi.
Due positivi alla variante brasiliana
Che questo accadesse, purtroppo, era prevedibile: la variante inglese, infatti, preoccupa maggiormente per la sua forte contagiosità (al momento non ci sono conferme del fatto che sia anche più pericolosa o mortale). Proprio come un'altra variante del Covid, quella brasiliana. La dottoressa Antonioli ha svelato che anche di questa sono stati individuati i primi due casi nella nostra provincia: si tratta di due persone rientrate dal Sudamerica prima che il 16 gennaio venissero chiusi i voli. Nessun caso invece, per ora, di variante sudafricana. Di positivo c'è che nessuno dei contatti avute da queste persone negli ultimi giorno è risultato ugualmente positivo.
Tracciamento e isolamento più stringenti
La situazione è ovviamente da monitorare. Come conferma la dottoressa Antonioli, sono proprio le varianti del virus a preoccupare maggiormente in questa fase, tant'è che il Ministero ha rinforzato il protocollo: il tracciamento non si deve più limitare ai contatti avuti nelle 48 ore precedenti all'insorgenza dei sintomi o all'individuazione della positività, bensì a quelli dei 14 giorni (come accadeva durante la prima ondata), con un evidente sforzo maggiore per il personale di Ats. Cambia anche la modalità di controllo del positivo: solo in seguito a un tampone negativo dopo 14 giorni, e non più dieci, dalla positività il soggetto può finire l'isolamento.