Omicidio Casati, chiuse le indagini. La difesa punta sull’incapacità di intendere e volere
Silvana Erzembergher si sentiva perseguitata dai due coniugi, ma sarebbe stata in preda ad uno stato paranoico
Chiuse le indagini sull’assassinio di Luigi Casati: il magistrato Guido Schininà ha notificato l’avviso a Silvana Erzembergher, attualmente rinchiusa nella Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) di Castiglione delle Stiviere (Monza), in cui le viene contestato l’omicidio volontario aggravato dai futili motivi.
Fin dall’inizio, non c’erano stati molti dubbi sul fatto che a uccidere l’uomo fosse stata la 71enne: lo scorso 28 aprile, alle 7,30 circa, la vittima era uscita sul vialetto del condominio di Treviglio in via Brasside con al guinzaglio la propria cagnolina. Secondo la ricostruzione, l’anziana lo avrebbe raggiunto probabilmente già con l’intenzione di sparargli con la sua rivoltella calibro 38, con cui lo aveva colpito alla gamba, due volte alla schiena e infine, quando era caduto a terra, alla nuca. La moglie Monica Leoni, vedendo il marito accasciato al suolo, era accorsa al pianterreno ed era stata a sua volta gambizzata con un proiettile dall’accusata, ferita per la quale si trova tutt’ora in riabilitazione.
Gli attimi immediatamente successivi erano stati immortalati da una vicina di casa dal suo balcone, che aveva ripreso con il cellulare Erzembergher con la pistola ancora in mano, vicino al corpo di Casati mentre sembrava dire qualcosa alla moglie, rimasta a terra dopo essere stata colpita. Poi aveva alzato lo sguardo verso il punto in cui si trovava chi filmava, la quale si era abbassata temendo di essere a sua volta presa di mira. Il resto è ormai noto: la pensionata fu arrestata dai carabinieri nella cucina della sua abitazione, dove era tornata dopo il delitto. Riteneva di essere perseguitata dai coniugi, che abitavano due piani sopra di lei: sosteneva le facessero scherzi, come suonargli il campanello di sera (da una telecamera piazzata in una cassetta della posta, si scoprirà che era lei stessa a suonare al suo citofono) e che la loro cagnolina, Chanel, abbaiasse ad ogni ora del giorno facendo troppo rumore. Una situazione forse esasperata dalla paranoia e dal lockdown, dove i disaccordi tra vicini si sarebbero esacerbati fino al punto di non ritorno.
La pistola, tra l’altro, avrebbe dovuto essere sequestrata dai militari dell’Arma dopo una denuncia per aggressione precedente alla sparatoria, nella quale Monica Leoni era stata inseguita nel cortile del palazzo con un bastone. Tuttavia, per un’incomprensione legata al cognome della donna, l’arma non le fu tolta. La legge adesso dà venti giorni di tempo all’accusata per sottoporsi a interrogatorio, prima della richiesta di rinvio a giudizio, ma la difesa dell’avvocato Andrea Pezzotta punterà sulla capacità di intendere e volere della sua assistita. Una tesi, a quanto pare, condivisa anche dal consulente della Procura e che ha portato dopo due mesi alla scarcerazione e trasferimento in Rems e che, in Corte d’Assise, potrebbe determinare il proscioglimento, a meno che i giudici non richiedano un’altra perizia che dia un esito diverso. La famiglia Casati, rappresentata dall’avvocato Federico Merelli, al momento ha preferito non portare avanti alcuna azione in attesa del processo.