Giovani coraggiosi

Angelica, che con l'Osteria Medì ha portato i sapori di Venezia sulla Corsarola

Ha 26 anni e gestisce il locale, fratello minore di Da Mimmo e Mimì. Subito la mazzata della pandemia, ma ora va alla grande

Angelica, che con l'Osteria Medì ha portato i sapori di Venezia sulla Corsarola
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di Matteo Rizzi

Si può ripercorrere la storia e farla rivivere in vari modi: uno di questi è trasformare un vecchio ufficio postale della Repubblica di Venezia in un ristorante che propone ricette ispirate alla tradizione della città più romantica del mondo. “Medì”, abbreviazione di “Mediterraneo”, ma anche richiamo agli altri due ristoranti del gruppo da cui è nata l’idea, ovvero Da Mimmo e Mimì, è un’osteria a base di pesce che si trova lungo la Corsarola, come i due “fratelli”. Ha aperto nel momento peggiore, poche settimane prima dello scoppio della pandemia: avversità che non hanno scoraggiato Angelica Arnoldi, che da giovanissima (oggi ha ventisei anni) ha accettato di prendere in gestione il locale e avventurarsi in questo viaggio alla riscoperta delle nostre radici veneziane.

Neanche il tempo di aprire e già le prime difficoltà. Ora sembra vi stiate riprendendo alla grande.

«Sì, abbiamo dovuto chiudere dopo nemmeno un mese dall’apertura, quando avevamo appena iniziato a farci conoscere. Ma ci credevamo tutti tanto, per noi era una sfida importante e così non ci siamo fatti scoraggiare».

Cibo di ispirazione veneziana: cosa significa?

«La nostra è un’osteria con un menu totalmente a base di pesce. Si parte dall’aperitivo, con i cosiddetti “cicchetti”, che sono delle specie di piccole bruschette derivate dalla tradizione veneta con cui vogliamo trasmettere una certa idea di convivialità e condivisione. Poi si mangiano baccalà, sarde in sahor, zuppe di pesce, moscardini con polenta».

Molto tradizionale.

«Sì, ma anche in cucina siamo giovani e cerchiamo di avere un occhio di riguardo verso preparazioni più innovative. Ci piace l’idea di provare a creare un connubio tra la storia e l’innovazione».

Come vi è venuta questa idea?

«Il pensiero di aprire un’osteria di pesce viene dal nostro laboratorio Lina. L’idea è quella di creare un tipo di ristorazione riproducibile in altri luoghi. Un format. Tutto è partito dal fatto che gli edifici in cui adesso abbiamo il ristorante un tempo erano un ufficio postale della Repubblica di Venezia. Da lì abbiamo pensato a qualcosa che rievocasse il rapporto che ha legato Bergamo e Venezia per più di 350 anni. La volontà era quella di mantenere e rinnovare il legame fra le due città, dando vita a un ambiente pieno di una storia che ci piace raccontare anche ai clienti».

E cosa ha spinto te, invece, a esplorare il mondo della ristorazione?

«Per me è stato un ritorno: ho avuto già diverse esperienze, qualche anno fa lavoravo da Mimmo, ho sempre sentito una grande passione verso questo lavoro che spesso è visto come un ripiego da tanti. Sono contenta perché ho trovato dei collaboratori che pur essendo molto giovani, più giovani di me, hanno la stessa concezione della ristorazione. Negli ultimi anni avevo lavorato per un’azienda di consulenza manageriale, che mi ha fornito conoscenze utili soprattutto per gli aspetti più commerciali. Però mi mancava tanto stare tra i tavoli e con la gente».

Cosa ti piace in particolare di quello che fai? Stai molto tra i tavoli e racconti ai clienti quello che stai raccontando a noi: non tutti riuscirebbero a farlo ogni sera con la stessa passione!

«Credo che non si possa imparare a farsi piacere questa cosa, a me semplicemente piace stare in mezzo alle persone e soprattutto provare a trasmettere a loro quello che mi emoziona. Il desiderio di far capire a tutti che quello che faccio per me è importante è il filo conduttore del mio modo di rapportarmi a questo lavoro, ed è quello che mi spinge a chiacchierare il più possibile con le persone che vengono a mangiare da noi».

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