Elezioni Regionali

I partiti bergamaschi e le candidature regionali: Giambellini e la magra "caccia al civico"

Lega e Pd schierano nomi forti. Forza Italia incassa Bettoni. Gli altri si arrabattano fra no e improvvisazioni. Ma è la politica che manca

I partiti bergamaschi e le candidature regionali: Giambellini e la magra "caccia al civico"
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di Wainer Preda

Con l’approssimarsi delle Regionali, nell’ambiente politico bergamasco ha preso piede uno sport assai singolare: la caccia al civico. La disciplina consiste nel cercare di accaparrarsi un esponente in vista nella cosiddetta società civile bergamasca, nella convinzione che il suo seguito (vero o presunto) possa portare voti al partito.

Non importa che costui spesso non abbia alcuna esperienza politica o amministrativa. L’importante è il nome, specie se di grido, come se la notorietà bastasse per governare una Regione di dieci milioni di abitanti. Solo che talvolta il civico non è allocco. E ai flautati richiami del politico risponde «no grazie, rimango a fare la mia professione». Perché a nessuno piacciono le etichette, soprattutto se improvvisate e strumentali.

Lega e Pd a trazione politica

Non tutti i partiti, a dire il vero, stanno seguendo questa linea. Quelli strutturati hanno fatto una scelta più tradizionale. La Lega, per esempio, schiera uomini di partito, militanti nel gergo del Carroccio. Tutta gente che, di riffa o di raffa, mastica politica da un bel po’. Diversi sindaci e amministratori, consiglieri regionali uscenti e un ex parlamentare. Insomma, una squadra con una certa esperienza, anche amministrativa. Scelta dalla base, tramite le consultazioni volute dal nuovo segretario Fabrizio Sala. Decisa dai militanti, non più dai vertici. Democrazia dal basso. Perché quella dall’alto (leggasi nomine) ha mandato a fondo il Carroccio.

Anche il Partito Democratico schiera una squadra rodata. Ma a differenza della Lega, decisa dai vertici, con buona pace delle strombazzate primarie e più di un malumore interno. Ivi compreso qualche cambio di casacca (come nel caso del consigliere comunale di Bergamo Oriana Ruzzini che, in aperta polemica, ha lasciato il Pd per candidarsi alle Regionali con Verdi e Sinistra Italiana).

Ma tant’è, della compagine dem che correrà per il Pirellone fanno parte due segretari provinciali, un consigliere regionale uscente, sindaci e amministratori. La scelta di candidare solo persone che hanno esperienza politica e amministrativa sul territorio è coerente con il percorso intrapreso dal Pd provinciale negli anni scorsi. E va in senso diametralmente opposto alle scellerate scelte di “palazzo” delle Politiche.

Politici d'allevamento

Il problema, comune a tutti i partiti, però sta a monte. Ovvero, come è stata selezionata, negli anni, la classe dirigente locale che ora ambisce (o ha la pretesa) di approdare in Regione? Perché il punto è proprio questo: quale materia prima hanno a disposizione i partiti e come l’hanno plasmata?

Potremmo disquisire per ore sugli yes men che popolano le gerarchie di partito, su chi esercita l’arte del cortigiano o chi si allena alla posizione dello zerbino. Ci limitiamo a dire che stando al gradimento dell’elettorato, e salvo taluni casi, la sostanza è un po’ quella che è, e sembra decisamente mal modellata. Tanto che gli elettori, stanchi, hanno disertato in massa le urne.

Il 37 per cento di astensionismo dello scorso settembre è la dimostrazione plastica che l’odierna classe politica è poco credibile e ancor meno autorevole. E così diversi partiti, per questioni di mera sopravvivenza o di ampliamento del consenso, stanno tentando la via civica per recuperare terreno.

Lo ha fatto Forza Italia che agli amministratori sul territorio ha aggiunto figure trasversali, esterne al partito. L’alpinista Agostino Da Polenza, per esempio, o il capolista Valerio Bettoni, che (...)

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