L'editoriale di Xavier Jacobelli

La Partita Perfetta della Dea e del Professor Calcio

La Partita Perfetta della Dea e del Professor Calcio
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di Xavier Jacobelli

Un anno fa l'Atalanta chiuse il girone di ritorno con 35 punti, contandone 13 di distacco rispetto alla Juve capolista. Oggi, dopo avere battuto per 3-0 a San Siro il Milan primo in classifica e comunque campione d'inverno, i punti sono 36, record assoluto nella storia nerazzurra e il distacco dai rossoneri si è ridotto a sette lunghezze. Questo per dire della grandezza assoluta della Dea, per la quale, spellarsi le mani è un esercizio che ai tifosi atalantini risulta sempre più piacevole, da quattro anni e mezzo a questa parte.

A Milano, i Gasperiniani hanno disputato la Partita Perfetta, con le iniziali maiuscole del sostantivo e dell'aggettivo ed era la settima gara in ventuno giorni. Il bilancio è impressionante: 4 vittorie e 2 pareggi in campionato, cui aggiungere il 3-1 al Cagliari, eliminato negli ottavi di Coppa Italia. Il consuntivo non fa che rafforzare la convinzione sempre più radicata: questa Atalanta continua a spostare i propri limiti e, francamente, è lecito ipotizzare salga sempre più in alto. Lo dicono i suoi risultati, lo conferma la qualità eccelsa di un gioco, modello odierno. Nei primi cinque campionati europei, solo l'Atalanta e il Lipsia hanno mandato in gol 15 giocatori diversi.

Ripensando al 5-0 subito a Bergamo il 19 dicembre 2019 e riconoscendo i meriti dei nerazzurri, Stefano Pioli ha osservato: «La Dea è decisamente l'unica squadra che non riusciamo a battere». Decisamente, San Siro è uno stadio amico se il Milan in casa sua non riesce a battere i bergamaschi da 7 anni, avendo inanellato da allora 3 sconfitte e 4 pareggi. Romero e Zapata sono stati fra i protagonisti dell'exploit, solisti del gol di una squadra strepitosa, ma, su tutti, si staglia l'inconfondibile sagoma di Josip Ilicic, la cui prestazione è stata maestosa, come a Valencia, quando, l'11 marzo scorso, segnò 4 gol agli spagnoli. E, dopo la vittoria sul Milan, ricordando tutto ciò che il campione ha passato, ha fatto bene al cuore sentirlo dire: «Grazie a Dio, posso fare ciò che più amo. Giocare al calcio».

Così giocano soltanto i Professori del calcio. E calamita simpatia Gasp, quando ai microfoni di Sky, forse freudianamente, sbotta: «Non ricominciate a farmi parlare di scudetto». La parola magica l'ha pronunciata lui. Gasp vuol dire fiducia. Tricolore.

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