Pandemia a Riberalta

Grazie soprattutto a Bergamo, in Bolivia è arrivata la macchina dell’ossigeno

In America Latina situazione allarmante: ai confini dell’Amazzonia è lotta contro il tempo per attivare la ricarica delle bombole. La nostra terra ha raccolto in pochi giorni 75.000 euro. E mons. Coter ha rivelato di aver avuto anche lui il Covid

Grazie soprattutto a Bergamo, in Bolivia è arrivata la macchina dell’ossigeno
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di Giambattista Gherardi

Una situazione sempre più allarmante, ma anche segnali di speranza concreti che aprono il cuore. Sono state consegnate nelle ultime ore nella città di Riberalta (sede del Vicariato Apostolico del Pando in Bolivia) le componenti della macchina statunitense utile alla produzione dell’ossigeno per il locale ospedale e per la ricarica delle bombole di ossigeno dei malati di Covid, che qui come altrove (soprattutto nel vicino Brasile) continuano a crescere. L’appello disperato, in vista del picco atteso fra la fine di luglio e inizio agosto, era stato lanciato anche attraverso le pagine di PrimaBergamo da monsignor Eugenio Coter, vescovo bergamasco (originario di Semonte) che vive in terra boliviana dal 1991. In pratica, si trattava di creare un impianto poiché l’ospedale era al collasso e per la ricarica delle bombole servivano trasferimenti, su strade poco praticabili, anche di una settimana. In Italia, Spagna, Germania e naturalmente Bolivia la catena di solidarietà è stata infinita. Solo a Bergamo, attraverso il Centro Missionario Diocesano, sono stati raccolti in pochi giorni ben 75.000 euro. Una cifra che unita alle altre ha consentito di acquistare un impianto con una produzione maggiore, consentendo all’ospedale di disporre di 200 metri cubi di ossigeno al giorno rispetto agli iniziali 60.

L'arrivo a Riberalta della macchina per l'ossigeno

«Grazie alla Provvidenza che si è manifestata attraverso il volto di tanti amici - scrive mons. Coter dalla Bolivia - abbiamo potuto acquistare anche una macchina per le radiografie domiciliari. Uno strumento indispensabile, in una regione dove le distanze sono infinite e le strade spesso poco praticabili». Mons. Coter lascia che a parlare sia la gioia della sua gente, che di fatto ha ricevuto i macchinari nei giorni della Vergine del Carmine, patrona della Bolivia e del Vicariato del Pando, ma non nasconde un velo di amarezza per la scomparsa del fraterno amico monsignor Eugenio Scarpellini, vescovo di El Alto e originario di Verdellino, morto in pochi giorni per complicanze cardiache dovute al Covid. «Avevo parlato con lui il lunedì e la situazione sembrava sotto controllo - scrive ancora mons. Coter -, poi è precipitata e ho ricevuto in successione i messaggi che ne annunciavano prima l’ingresso in terapia intensiva e poi la morte. La morte di un “compagno di cordata” della vita è sempre qualcosa che tocca profondamente, credo che la mia febbre del mercoledì pomeriggio venisse da questo».

Mons. Eugenio Scarpellini, vescovo di El ALto, morto per il coronavirus

In effetti, anche monsignor Coter è stato colpito dal coronovairus, al punto che il Vicariato Apostolico del Pando ha diffuso un comunicato ufficiale segnalando per lui la necessità di riposo. «Dalle analisi - scrivere don Eugenio, come ancora tanti lo chiamano -, risulta che ho fatto e superato il Covid e conservo alcuni anticorpi. Ho avuto poca febbre, una notte di difficoltà respiratorie con saturazione anche sotto il 90, malessere generale e stanchezza, senza olfatto: cose che ben conoscete per averle vissute direttamente prima di noi. Continuo il trattamento di tipo ospedaliero a domicilio per la polmonite e per ora è rimasto il disturbo dell’insonnia». Un disturbo che mons. Coter ha, come sua abitudine, messo a frutto lavorando comunque alle attività pastorali, compresa l’Assemblea Amazzonica organizzata nel fine settimana attraverso internet. Monsignor Coter è infatti fra i tredici componenti scelti da Papa Francesco per la commissione del Sinodo dell’Amazzonia. Attraverso YouTube, don Eugenio ha diffuso anche il consueto messaggio settimanale a commento del Vangelo della domenica. Lo si vede determinato e deciso come sempre e questo ha dato un segnale concreto e rassicurante a tanti amici che in Bergamasca (nella nativa Semonte, ma anche a Pedrengo e Gandino dove è stato curato) sono sempre vicini a lui e alla “sua “ amata terra boliviana.

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