Da trenta a otto imputati

Inchiesta Caritas sull'accoglienza dei migranti: forse non ci sarà neppure il processo

I reati contestati nel filone legato alla diocesi bergamasca sono lievi e le colpe potrebbero venire estinte con la "messa alla prova"

Inchiesta Caritas sull'accoglienza dei migranti: forse non ci sarà neppure il processo
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di Paolo Aresi

All’inizio, gli indagati del filone Caritas diocesana-cooperativa Ruah erano poco più di trenta. Ora ne sono rimasti otto. Si era ipotizzato addirittura l’associazione a delinquere, poi cancellata. Si era pensato a un danno ingente verso lo Stato, oggi - se proprio - si ritiene che forse ci sia in ballo qualche migliaio di euro.

Ma, soprattutto, in quel giugno del 2020, appena usciti dalla terribile prima ondata della pandemia, su alcuni giornali vennero pubblicate intercettazioni telefoniche del tutto avulse dal contesto, che fecero passare alcuni indagati per incalliti truffatori. Addirittura ci furono testate che parlarono di una sistema dell’accoglienza e della carità a Bergamo che era una “mangiatoia” per tanti disonesti.

Non era vero.

È quello che emerge dal documento di conclusione delle indagini depositato nei giorni scorsi in Procura da parte del magistrato che ha ereditato le indagini dal suo predecessore, Davide Palmieri, e che le ha concluse, il sostituto procuratore Fabrizio Gaverini. Ci riferiamo in particolare alla parte bergamasca delle indagini sull’ospitalità dei richiedenti asilo, dei migranti. Esiste un altro ramo, che coinvolge una cooperativa presente soprattutto nella Bassa Bergamasca e nel Cremonese, “Rinnovamento”, per cui la situazione è decisamente più seria. Ma è un altro discorso.

Torniamo a Bergamo. Non ci fu alcuna mangiatoia e i reati rimasti in piedi sono giudicati comunque lievi, al punto che ha preso corpo la possibilità che anche gli ultimi imputati possano concludere la loro vicenda processuale con una “messa alla prova” che estinguerà il reato. Che cosa è la “messa alla prova”? È un provvedimento con il quale il Tribunale chiede all’imputato di prestare la propria opera a favore di qualcuno, per esempio nell’ambito sociale, gratuitamente per qualche tempo. Si sceglie questo tipo di decisione quando i reati contestati sono molto lievi.

Ma quali sono questi reati? Tutta la vicenda prese avvio con il sostituto procuratore Palmieri il primo di gennaio 2017, con il consenso del procuratore Walter Mapelli. Fino al settembre 2018 si svolsero intercettazioni telefoniche e informatiche, si fecero pedinamenti. Ma la questione divenne di dominio pubblico solamente nel giugno 2020 quando arrivarono - non si sa come - al Corriere della Sera i documenti riservati. E fu una bomba. D’improvviso Bergamo scoprì che preti integerrimi come don Davide Rota e don Massimo Maffioletti, rispettivamente superiore del Patronato San Vincenzo e parroco di Longuelo, erano degli sfruttatori dei migranti loro affidati. Scoprì che le cooperative lucravano sulle diarie che lo Stato riconosceva per i migranti. Che certi funzionari della prefettura e del Comune erano conniventi. Insomma, Bergamo era il regno dell’ipocrisia e della falsità.

E, infatti, non era vero niente. (...).

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