Deriva Sanità

«Quadro desolante», il 41 per cento dei bergamaschi non ha i soldi per curarsi

Un’indagine Cisl evidenzia poi che più di 4 su 10 rinunciano per lontananza delle strutture, mentre 7 su 10 per le liste d’attesa. E le riforme sono aria fritta

«Quadro desolante», il 41 per cento dei bergamaschi non ha i soldi per curarsi
Pubblicato:

di Wainer Preda

La tanta strombazzata sanità lombarda è tutto tranne che rapida e eccellente. O per lo meno, ci sono settori medici avanzatissimi, ma accedervi in tempi rapidi è praticamente impossibile e dunque i vantaggi sono limitati. Con il risultato che la maggior parte dei lombardi deve mettersi in coda. Attendendo un miraggio che avverrà, se avverrà, in tempi biblici. O ancor peggio, rinunciando alle cure. È quanto emerge dall’ultima ricerca effettuata dalla Cisl Lombardia.

Il sindacato ha chiesto a oltre 11 mila iscritti rappresentativi della società lombarda, fra cui 2100 bergamaschi, un giudizio sul sistema sanitario. Ne è uscito un quadro desolante. Fatto di persone che hanno rinunciato «una o più volte» a curarsi. Per liste d’attesa troppo lunghe. Per la scomodità dei luoghi da raggiungere. Perché le cure non se le poteva permettere.

Vale anche per la Bergamasca. Anzi, proprio la nostra provincia sarebbe quella in cui delle cure si fa più spesso a meno. Nello specifico, il 46 per cento dei bergamaschi rinuncia a causa della scomodità della struttura a cui è stato inviato. Addirittura il 68,8 per cento evita di curarsi per i tempi di attesa troppo lunghi. Mentre il 40,9 per cento fa a meno per ragioni economiche.

E non potrebbe essere altrimenti. Fino a qualche decennio fa, i bergamaschi erano abituati ad avere ospedali di livello, facilmente accessibili, distribuiti in maniera capillare sul territorio. Poi le varie riforme nazionali e regionali camuffate da “razionalizzazioni” hanno falcidiato le strutture, ridistribuendo le prestazioni sanitarie. Con il risultato che spesso intere zone del territorio sono rimaste sprovviste o quasi di servizi essenziali, spostati a chilometri di distanza.

Celeberrima la battaglia sulla Maternità all’ospedale di Piario, in Valseriana. Con le donne di lassù costrette a farsi cinquanta chilometri per partorire a Seriate, Alzano o Bergamo.

Oppure la guerra che dura da anni in Valbrembana contro il drastico ridimensionamento dell’ospedale di San Giovanni Bianco. Che costringe le persone di lassù a girovagare per mezza provincia e anche oltre, per avere cure che prima erano sotto casa o quasi.

Nei mesi scorsi, il nostro giornale ha ricevuto decine di segnalazioni, da tutta la Bergamasca. Di persone - spesso malati cronici o anziani - impossibilitate a raggiungere i quattro cantoni della provincia per curarsi. Tanto che, piuttosto che spostarsi per decine e decine di chilometri, affrontando viaggi pesanti e faticosi con l’età e la malattia, oltre quattro bergamaschi su dieci rinunciano alle cure, certifica la Cisl.

Controprova: ricette alla mano, proviamo a prenotare una visita dermatologica per togliere una ciste, attraverso il fascicolo elettronico di Regione Lombardia. Il sistema risponde: «Non abbiamo trovato appuntamenti disponibili». Proviamo con un’ecografia completa all’addome. Stessa risposta.

Tentiamo con la terza ricetta, quella per una visita ginecologica. Ebbene, il primo appuntamento disponibile è per il 21 marzo 2025 all’ospedale di Piario. Il secondo è per il 9 aprile 2025 a Lovere. Il terzo per il 13 giugno, sempre 2025, a Ponte San Pietro. Il quarto il 2 luglio 2025, fra un anno giusto giusto, a Calcinate. Solo che la richiesta - che verrà esaudita se va bene fra 9 mesi - è di una persona che risiede in Alta Val Brembana, da tutt’altra parte.

Le liste d’attesa

È evidente che l’accorpamento delle prestazioni, concentrate in pochi luoghi, porti a un aumento delle persone che vi accedono. E inevitabilmente allunghi le liste d’attesa. Solo che i tempi spesso finiscono fuori scala.

Qualche esempio, per capirci. Secondo gli ultimi rilievi dell’Asst Papa Giovanni di Bergamo relativi a giugno 2024, per una mammografia bilaterale a tempo breve servono due giorni. Ma per programmarne una, i tempi d’attesa salgono a 490 giorni. Ovvero un anno e quattro mesi. In poche parole, dovreste prenotarvi adesso per averla nell’ottobre del 2025.

Per una Tac completa all’addome servono 85 giorni (quasi tre mesi). Per una Tac al torace i mesi diventano 4. Per una visita cardiologica (...)

Continua a leggere sul PrimaBergamo in edicola fino a giovedì 11 luglio, o in edizione digitale QUI

Commenti
Marcello

Qualcuno ignora volutamente che il problema non è solo lombardo, ma di tutta l'Italia. Quindi la Giunta Lombarda ha le sue colpe, ma non sono tutte ste le colpe! E forse credete che, votando gli altri, cambierebbero sostanzialmente le cose, in campo sanitario? Di sicuro pagheremmo più tasse (quelli che come me le hanno sempre pagate) e in cambio non avremmo NIENTE di meglio.

Licia

Veramente, molto triste! Persone che non possono permettersi una cura, se non privatamente, vergognoso! Pensiamo agli anziani che han fatto tanti sacrifici per noi, alle famiglie con un reddito basso! Qui in Svizzera non ci sono liste d’attesa così lunghe, ma vi assicuro che i prezzi della cassa malattia sono molto elevati, e purtroppo anche qui sempre più persone fan fatica a pagare!!!Siam messi male, che si viva al di qua e al dì la della frontiera!

Giorgio

Con i soldi dell'improbabile ponte sullo stretto qualcosa si poteva migliorare.

Matteo

L'assicurazione sanitaria permette di passare avanti agli altri del SSN, la visita privata permette visite in una settimana mentre in SSN si parla dai 3 ai 6 mesi. Grazie Fontana, ma soprattutto GRAZIE CARI LETTORI ELETTORI SENZA VOLTO, che l'avete ri-votato. Quindi sì, io ho rinunciato a tante visite, la malattia da lavoro con il riposo a casa è stata la miglior seppur più lenta guarigione, oltre che rinunciare alle ferie per riposarmi ulteriormente. Oltre Fontana mi piacerebbe fare altri nomi ma non vorrei essere troppo pedante e pesante. Complimenti a tutti, bella società che avete creato.

Elber

Purtroppo viviamo in un paese fallito. Ci cantiamo di essere ancora nel G7 e altre stupidate simili ma la realtà è che siamo alla frutta in tantissimi settori e la pubblica amministrazione è un mostro che distrugge ogni cosa. Sarà forse il caso che iniziamo seriamente a preoccuparci di cose serie e non solamente di calcio, gossip e aperitivi vari.

Seguici sui nostri canali