la polemica

Zangrillo non è l'unico esperto ad affermare che «il Covid clinicamente non esiste più»

Il primario del San Raffaele ha alzato un bel polverone con le sue parole. Ma anche Remuzzi e Rizzi, sebbene con maggior cautela, hanno affermato le stesse cose. Dove sta, dunque, la verità?

Zangrillo non è l'unico esperto ad affermare che «il Covid clinicamente non esiste più»
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È oggettivamente difficile capirci qualcosa. Da un lato le costanti riaperture e il ritorno a una "normalità condizionata" che ci fa ben sperare, dall'altro i continui richiami all'attenzione, all'evitare assembramenti e l'attenzione quasi ossessiva ai numeri del contagio. Dopo le macerie sociali ed economiche che si sta lasciando alle spalle, è normale che il Coronavirus faccia paura e preoccupi. Ma è anche vero che, da ormai diverse settimane, la situazione sanitaria è sensibilmente migliorata. Il virus è dunque diventato meno aggressivo?

Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele

Vanno nella direzione di una risposta affermativa a questa domanda le parole rilasciate ieri (31 maggio) dal dottore Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele di Milano, al programma di Rai 3 Mezz'ora in più: «Il virus, praticamente, dal punto di vista clinico non esiste più. I tamponi eseguiti negli ultimi dieci giorni hanno una carica virale dal punto di vista quantitativo assolutamente infinitesimale rispetto a quelli eseguiti su pazienti di un mese, due mesi fa. Lo dico consapevole del dramma che hanno vissuto i pazienti che non ce l'hanno fatta. Non ce ne frega niente né del campionato né di dove vanno in vacanza gli italiani, ma dobbiamo ritornare a un Paese normale perché ci sono tutte le evidenze che questo Paese possa tornare ad avere da oggi una vita normale».

Parole che, comprensibilmente, hanno alzato un vero e proprio polverone, sia nell'opinione pubblica (che si è subito divisa tra "zangrilliani" e "anti-zangrilliani" purtroppo) sia nella comunità scientifica. Diversi altri esperti, infatti, si sono detti decisamente in disaccordo con le parole del primario del San Raffaele. Tra questi, anche il bergamasco presidente del Consiglio superiore di sanità e componente del comitato tecnico scientifico, Franco Locatelli: «Non posso che esprimere grande sorpresa e assoluto sconcerto per le dichiarazioni rese dal professor Zangrillo con frasi quali il "virus clinicamente non esiste più". Dovremmo tutti rallegrarci che le misure di lockdown abbiano prodotto gli effetti sperati contenendo la diffusione epidemica con risparmio di tante vite umane e questo risultato inconfutabile deve spingere a continuare sul percorso della responsabilità dei comportamenti individuali, da non disincentivare attraverso dichiarazioni pericolose che dimenticano il dramma vissuto in questo Paese».

Marco Rizzi, primario di Malattie infettive al Papa Giovanni

Polemiche a parte, però, l'opinione espressa da Zangrillo, sebbene con parole decisamente "forti", è stata recentemente espressa anche da altri esperti. Il primo è stato Giuseppe Remuzzi, numero uno dell'Istituto Mario Negri, che ha sottolineato in più occasioni (compresa un'intervista a noi rilasciata) come i malati di Covid attuali siano decisamente meno gravi rispetto a un paio di mesi fa e come la situazione clinica legata alla malattia sia in netto miglioramento. Sempre al nostro giornale, poi, ha espresso lo stesso concetto anche il dott. Marco Rizzi, direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Papa Giovanni: «Il virus si sta comportando bene. Noi magari non tanto bene, ma il virus appare tranquillo. Il virus pare aver perso la sua aggressività. È lo stesso fenomeno che in un passato abbastanza recente ha riguardato altri coronavirus preoccupanti, come quello della Sars». Infine, ad andare in questa direzione c'è anche il caso dei «debolmente positivi» riscontrati la scorsa settimana dai tamponi effettuati in Bergamasca da un laboratorio privato: su 168 casi, ben 118 risultavano positivi ma in maniera lieve.

Zangrillo, dunque, non è solo e certo non ha basato la sua esternazione su mere opinioni. In tal senso, l'avverbio «clinicamente» da lui utilizzato, in parte, riconduce l'affermazione fatta in un ambito prettamente sanitario; allo stesso tempo, dire quelle cose in un contesto di quel tipo genera reazioni che potrebbero essere controproducenti: il virus gira ancora, lo dimostrano i nuovi casi quotidianamente riscontrati, e non ci sono prove scientifiche, al momento, di una sua mutazione.

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