elezioni provinciali

Così il centrodestra, che aveva i numeri per vincere, è riuscito a perdere anche la Provincia

Unito sarebbe stato maggioranza, ma il mea culpa dei segretari non ci sarà: troppo occupati a farsi la guerra in casa. E il Pd ha trionfato

Così il centrodestra, che aveva i numeri per vincere, è riuscito a perdere anche la Provincia
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di Wainer Preda

Tutti dicono di aver vinto. Ma al termine delle elezioni provinciali l’unico che può cantare vittoria con certezza è Pasquale Gandolfi. Lui ha incassato la presidenza della Provincia senza colpo ferire. E ora può persino guardarsi intorno e decidere con chi andare a governare. Tutto merito di un’attenta strategia. Il sindaco di Treviolo ha giocato d’anticipo, dividendo il fronte avversario e mandando il centrodestra a pezzi. Un centrodestra che si fidava talmente poco della sua effettiva coesione che nemmeno ha provato a cercarla. Tanto da presentarsi a ranghi sparsi, in tre liste diverse.

Eppure, i risultati delle urne dicono che, unito, sarebbe stato maggioranza in Consiglio provinciale. L’occasione perduta lascia strascichi e lacerazioni profonde. Soprattutto in vista delle Regionali del prossimo anno. Il mea culpa dei segretari, ne siamo quasi certi, non arriverà. Invece, come PrimaBergamo vi aveva anticipato la settimana scorsa, sono arrivate le sorprese.

Pasquale Gandolfi, presidente della Provincia

Il Pd primo partito

L’esito delle Provinciali racconta che il Pd è il primo partito. I dem incassano sei seggi (Bonomelli, Russo, Drago, Gandossi, Alessio, Amaddeo) più il settimo di Gandolfi, per gentile concessione leghista. La Lega ne porta a casa cinque (Ferrari, Macoli, Prevedini, Masper e Bentoglio). Il sesto della lista è Alessandro Coletta, uomo di Paolo Franco. Anche se Fratelli d’Italia ha rischiato di restare a bocca asciutta, spiegheremo poi il perché. I Civici di Alessandro Sorte piazzano due consiglieri provinciali (Valois e Macario). Il deputato di Brignano vince il derby con la Forza Italia di Alessandra Gallone che è riuscita a esprimere un consigliere provinciale (Cocchi). Mentre il secondo della stessa lista è Damiano Amaglio, uomo di Moretti, Area Popolare. Restano fuori nomi illustri. L’ex presidente della Provincia Gianfranco Gafforelli; il consigliere provinciale uscente Demis Todeschini; Il segretario di Italia Viva Raffaello Teani; l’ex segretario della Cgil Luigi Bresciani, vicino a Matteo Rossi.

Niente di male, per carità. Solo che tutti i pasticci di cui PrimaBergamo vi ha ampiamente raccontato nelle scorse settimane ora mettono a rischio la governabilità della Provincia. Allo stato attuale, Gandolfi e il Pd hanno un accordo con la Lega. Il presidente però non ha mai fatto mistero di volere una coalizione più larga a suo sostegno. E, stando alle indiscrezioni, ci sarebbe persino un documento interno - firmato un mese fa all'unanimità dal coordinamento provinciale del Pd - che darebbe il via libera all'intesa con la Lega solo a condizione di una coalizione allargata. L’accordo col Carroccio, non è un mistero, non è mai piaciuto unanimemente ai dem. E in quest’ottica va letto il risultato degli uomini di Giovanni Sanga, che si sono fatti sentire a suon di voti. Staremo a vedere le mosse del nuovo presidente. Ma certo è che la seconda gamba dell’accordo, ovvero la Lega, si trova in un cul de sac.

Cristian Invernizzi, segretario provinciale della Lega

La Lega nelle sabbie mobili

Fortissimi sul territorio, in netta ascesa alle scorse amministrative, persino in città, i leghisti restano avvolti dalle sabbie mobili democristiane. Incassano sì i cinque consiglieri su cui avevano concentrato i voti. Ma mancano il bersaglio grosso. Ovvero diventare il primo partito in Consiglio provinciale scalzando il Pd e annichilendo i Civici e Moderati di Sorte, nemico dichiarato a mezzo stampa. Le urne consegnano una Lega che, proprio per i numeri (5 su 17), non è determinante in Consiglio provinciale. Questo impedirà al commissario leghista Cristian Invernizzi di avanzare pretese e battere i pugni sul tavolo all'occorrenza, adducendo accordi pregressi. Perché è evidente che il Pd, allargando semplicemente ai centristi, avrebbe numeri sufficienti per governare anche senza il Carroccio. In più, la Lega non può fare marcia indietro. Dopo aver dato il via, con una sofferenza interna immane, a un accordo di potere che ha portato un piddino alla presidenza della Provincia, ora non può certo fare dietrofront pena la perdita di credibilità (oltre che della faccia).

In Fratelli d’Italia regna il caos

Il Carroccio paga inoltre la debolezza di Fratelli d’Italia, dove sembra regnare il caos. Il partito della Meloni, dato al 20 per cento a livello nazionale, entra in Provincia per il rotto della cuffia (...).

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